Edipo siamo noi



L’Edipo a Colono di Gigi Gherzi da Sofocle non pare uno spettacolo pienamente riuscito in quanto, paradossalmente, non osa portare le premesse alle estreme (e “naturali”) conseguenze.

Ovvero, la messinscena di Gherzi si mantiene ancora troppo legata alla forma tipica dello spettacolo teatrale, pur partendo, invece, da premesse tipiche delle conferenze-spettacolo.

Se Gherzi avesse riposto nell’armadio la “giacchetta” da regista, per indossare quella da conferenziere, il suo Edipo a Colono - lo si crede fermamente - ne avrebbe guadagnato dal lato del coinvolgimento emotivo del pubblico.


Lo si afferma in quanto pare chiaro che Gherzi, come autore del testo, ĆØ partito da una operazione di decostruzione del mito - piĆ¹ che da una “semplice” volontĆ  di realizzare una messinscena della tragedia sofoclea -, per costruire una narrazione che restituisse al pubblico l’intera storia legata a Edipo e alla sua famiglia.

In tal modo ha voluto accentuare i richiami all'attualitĆ  del mito di Edipo e della storia ateniese dell’epoca di Pericle, con tanto di riferimenti alla pandemia da Coronavirus.


Operazione pienamente legittima, ci mancherebbe, ma che - lo si ripete - avrebbe un senso e un impatto maggiore se inseriti nella forma della conferenza-spettacolo per un pubblico di giovani studenti, piuttosto che in quella del teatro-nel-teatro data da Gherzi-regista al suo testo.


Una conferenza-spettacolo che si sarebbe avvantaggiata delle belle prove di attore di Stefano Braschi (Edipo) e di Maria Laura Palmeri (Antigone) e che avrebbe potuto utilizzare in modo meno “evocativo” le video-proiezioni, per dar loro un carattere maggiormente “informativo” ed “esplicativo”.


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