Il futuro distopico di Wells è una nemesi
H.G. Wells |
Pubblicato per la prima volta nel 1895, La macchina del tempo di H.G. Wells è un classico della narrativa fantascientifica.
Il futuro distopico immaginato da Wells ha le radici ben radicate nell’Età Vittoriana e tende a mostrare al lettore quali potrebbero essere le conseguenze negative proprio dell’organizzazione sociale dell’epoca vittoriana.
Come è noto, nel romanzo di Wells, il “Viaggiatore nel tempo” passa poco più di una settimana nell’Anno Domini 802701 e, tornato indietro alla sua epoca, racconta il suo vissuto a un gruppo di amici suoi ospiti, buona parte dei quali, alla fine della serata, si dimostra poco incline a credere a ciò che ha udito.
Le esperienze fatte dal Viaggiatore non sono per nulla rassicuranti per i gentiluomini d’epoca vittoriana: gli esseri umani hanno perso la loro intelligenza e si sono create due specie distinte di uomini: gli eloi - discendenti diretti della classe dominante vittoriana - che vivono una sorta di eterna e svagata fanciullezza; e i morlocchi - discendenti della classe operaia del XIX secolo - costretti a vivere nel sottosuolo e a nutrirsi… degli eloi.
Senza addentrarsi ulteriormente nella trama, va detto che quella di Wells è una visione di futuro particolarmente nera, proprio perché prende le mosse dall’organizzazione sociale della Londra dei suoi giorni.
Una metropoli in cui le disparità tra i ceti erano evidenti e crudeli: da una parte c’era l’aristocrazia che viveva nel lusso; dall’altra il proletariato che si rompeva la schiena accanto a macchine che ne divoravano le energie. In mezzo una borghesia della ricchezze crescenti, pronta a sfruttare a proprio vantaggio sia la forza lavoro del proletariato, sia la “mollezza di carattere” dell’aristocrazia (ma nel romanzo di Wells dei discendenti della borghesia non c’è traccia).
Una simile società non poteva che generare mostri, non solo nella fantasia degli scrittori: uno in carne e ossa, Jack lo Squartatore, aveva fatto la sua macabra apparizione solo una manciata di anni prima dell’uscita della Macchina del tempo.
Era il 1888, anno in cui Wells pubblicò il racconto lungo Gli argonauti del tempo, da molti indicato come il progenitore del romanzo del 1895.
Tutto ciò per dire che la Londra vittoriana non era un luogo in cui si potevano dormire sonni tranquilli e dove il buio della notte (di cui gli eloi del romanzo di Wells mostrano di avere terrore) era reso ancora più inquietante dalla fitta coltre di smog e nebbia che avviluppava la città dal tramonto all’alba.
Quello descritto nella Macchina del tempo è, quindi, un futuro distopico che, non solo ha le proprie radici nel presente, ma vuole anche essere un “avvertimento” ai contemporanei dell’Autore.
Wells, in altre parole, sembra voler sollecitare una maggiore equità sociale, per evitare che il futuro si trasformi in una tremenda nemesi che si compirebbe ai danni degli eredi degli aristocratici londinesi che finirebbero divorati dai discendenti degli operai della sua epoca.
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