Boccioni l'algido
In occasione del centenario della morte, a Palazzo Reale di Milano è stata allestita una mostra dedicata a uno dei più importanti esponenti del Futurismo: Umberto Boccioni.
L’esposizione milanese ripercorre la carriera dell’artista dagli esordi alla morte prematura (dovuta a una caduta da cavallo), affiancando alle opere di Boccioni quelle di artisti suoi contemporanei (come Balla, Segantini e Picasso) o quelle di artisti dei secoli precedenti ai quali Boccioni guardò con ammirazione.
Se a ciò si aggiunge il fatto che in mostra, oltre ai dipinti e alle sculture, sono esposti anche molti disegni preparatori, ma pure i ritagli di giornale che Boccioni conservava in speciali “atlanti” e che collezionava usandoli come spunti creativi, si comprende come il titolo della mostra curata da Francesca Rossi con Agostino Contò sia assolutamente calzante: Umberto Boccioni (1882 - 1916). Genio e Memoria.
Interessante si rivela, così, la possibilità di ammirare anche le opere che Boccioni realizzò prima di approdare al Futurismo.
Da notare, ad esempio, una veduta divisionista de Il Canal Grande di Venezia (1907); o una assai suggestiva opera simbolista come Il sogno. Paolo e Francesca (1909).
Ma non mancano opere realizzate sotto l’influsso dei classici, come, ad esempio, L’atleta, disegno del 1907.
Ovviamente, la sezione della mostra che al visitatore risulta più familiare è quella che riunisce le opere del periodo Futurista.
Vanno sicuramente segnalati: Elasticità (1912), fulgido esempio di dinamismo Futurista; Materia (1912) che sembra essere l’ennesimo ritratto che l’artista fece alla madre; e Forme uniche della continuità nello spazio (scultura del 1913) che è, forse, l’opera più famosa di Boccioni.
Una particolare attenzione va poi posta agli autoritratti realizzati nel giro di pochi anni. E, facendo caso alle date, si può notare come l’artista sia passato dal dipingersi utilizzando a piene mani il colore (e mettendo in primo piano i pennelli - nel 1907 - e la tavolozza nel 1908), al farlo usando una gradazione di grigi (1909) ed eliminando ogni riferimento agli strumenti del mestiere.
Un autoritratto, quello del 1909, che apre la mostra e che, per l’effetto “metallico” dovuto all’uso dei grigi, potrebbe essere assunto a opera simbolo dell’intera arte di Boccioni che, per chi scrive, è algida, in quanto lontana da ogni sensualità.
Forse, tale mancanza di calda sensualità è dovuta all’insistenza con la quale Boccioni ritrasse la propria madre. Un soggetto che, per forza di cose, non poteva ispirargli composizioni conturbanti (tipiche dell’arte figurativa di quel periodo).
La mostra di Palazzo Reale resta aperta fino al 10 luglio 2016, per poi essere allestita dal 4 novembre al 19 febbraio 2017 al MART di Rovereto.
Con il biglietto di ingresso della mostra milanese si può anche visitare il Museo del Novecento.
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