La volevo e l'ho presa
Per la prima volta in Italia è stato tradotto per intero (da Marcello Belotti) un libro del poeta spagnolo Joan Salvat-Papasseit: si tratta de Il poema della rosa sulle labbra, edito dagli Editori Internazionali Riuniti.
Poesia, quelle di Salvat-Papasseit, intensamente erotica, nella quale certi dettagli si fanno roventi, come in È ancora fanciulletta e come un sole che termina con un distico che lascia immaginare un seguito: «Se la mettevo sulle mie ginocchia | era una rosa che si schiudeva.».
E, a proposito del verso ora citato, va notato come spesso, nelle poesie del volume, parti del corpo umano femminile vengono trasmutati in fiori o frutti con esiti non scontati («fioriva l’ombelico»).
Il corpo femminile è al centro del fare poetico di Salvat-Papasseit che lo celebra e se ne impossessa («la volevo e l’ho presa») in un gioco erotico, a volte sottile, in cui il segreto in cui si consuma la relazione aumenta l’intesa tra gli amanti «Che tiepido piacere l’amare di nascosto | tutti quelli che ci vedono quando ci vedono non lo direbbero | - ma noi ci siamo già abbracciati | e ancora oltre, ché l’abbraccio porta follia.»
Un amore che si consuma in un ambiente urbano e quotidiano («Mentre i panni si asciugano e volano | e tutto riposa nel pomeriggio assolato.»); in luoghi assolati, accaldati, nei quali i giovani corpi degli amanti si uniscono e… fioriscono.
Il volume si chiude con una scelta di articoli di argomento politico e di poetica che - a parere di chi scrive - non reggono il confronto con le poesie che li precedono.
Commenti
Posta un commento