Il raggiro è una messinscena

Ieri sera, al Teatro Donizetti di Bergamo, la Mandragola di Niccolò Machiavelli ha aperto la rassegna di prosa “Altri percorsi”. 
A portarla in scena Ugo Chiti, anche autore della riduzione drammaturgica del testo e della scenografia.

Il drammaturgo e regista ha ideato un impianto scenico semplice, ma dal segno forte: al centro della pedana principale ha posto un’altra pedana, visibilmente inclinata. 
Al fondo di tale seconda pedana, un’apertura. 
La seconda pedana è un palcoscenico e, a differenza della prima, non finge di non esserlo. 
Il tutto immerso in una atemporalità accentuata dai costumi, difficilmente identificabili come rinascimentali.

Il sipario si apre su un Prologo/Cantastorie che, seduto al centro del palcoscenico inclinato e battendo il palco con un bastone, anima i vari personaggi. 
Si tratta di una sorta di burattinaio che dà vita alla scena.

Di conseguenza, in base a tale lettura, tutto ciò che viene visto dal pubblico è una recita. 
In particolar modo, la recita di un raggiro.

Infatti, la Mandragola mette in scena il raggiro di cui è vittima messer Nicia che, desideroso di avere dalla consorte Lucrezia un erede, apre le porte di casa sua a colui che diverrà l’amante della moglie, ossia quel Callimaco che, appunto con l’inganno, finge di essere, prima il medico che suggerisce il rimedio e, poi, il rimedio stesso.

Callimaco, però, non è l’unico personaggio a fingere di essere quello che non è: fingono anche frate Timoteo, il servo di Callimaco (Siro), il trafficone Ligurio e, perfino, Nicia stesso. 
Tutti impegnati nella messinscena del raggiro che, manco a dirlo, si recita sulla pedana inclinata, il palcoscenico.

Un raggiro che il regista non ha dipinto con i colori accesi della farsa, ma ha ritratto con quelli tenui della malinconia: il suo Nicia, infatti, è capace di richiamare la compassione del pubblico, piuttosto che lo sberleffo. 
Infatti, nella lettura di Chiti, Nicia è più un uomo vittima della pressione sociale che, in quanto marito, lo vorrebbe anche padre; piuttosto che essere il marito vecchio, avaro e bavoso che “merita” di diventar cornuto.

Una lettura che convince anche grazie alla bravura di tutti gli interpreti. 
Tra essi vanno sicuramente ricordati Lorenzo Carmagnini (Callimaco), Dimitri Frosali (Nicia), Andrea Costagli (Ligurio), Giuliana Colzi (Sostrata) e Massimo Salvianti (Timoteo).

Lunghi, calorosi e meritati applausi al calar della tela.


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