Angeli della Morte
Angels in America. Si avvicina il millennio di Tony Kushner per la regia di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani è uno spettacolo “pieno” sia visivamente, sia drammaturgicamente parlando.
Il merito, oltre che dell’autore del testo, va dato sia ai registi, sia agli attori impegnati in scena.
Uno spettacolo in cui la scenografia è fatta con pochi e simbolici oggetti, arricchiti da videoproiezioni di immagini sia realistiche, sia astratte, così come possono essere realistiche od oniriche le scene che in quel momento vengono recitate.
Lo spettacolo mostra un’America anni Ottanta in cui l’AIDS sta mietendo le sue vittime.
Al centro delle vicende narrate, la comunità omosessuale, composta sia da gay dichiarati, sia da “velate” e sia da chi ha avuto solo la forza di dire a se stesso di provare attrazione per individui del proprio stesso sesso, ma non ha mai avuto il coraggio di praticare sesso omosessuale.
Un’America reganiana in cui il Potere è il nuovo Dio, in cui la Legge o la fai o ne diventi schiavo, un’America, quindi, in cui chi detiene il Potere si sente al disopra delle regole.
Un’America troppo simile all’Italia di oggi.
Uno spettacolo, Angels in America, che, oltre che dell’AIDS, parla proprio del Potere, di come esso consumi chi lo detiene (al pari della malattia) e di come coloro che hanno Potere tendano a consumare gli altri uomini, a cibarsene (metaforicamente parlando).
Uno spettacolo che coinvolge gli spettatori anche e soprattutto per la bravura dei suoi interpreti, tutti credibilissimi nei multipli ruoli in cui sono impegnati.
Tra essi vanno nominati Elio De Capitani (soprattutto per il suo Roy logorato dal Potere e dalla malattia, ma che non smette di sentirsi onnipotente neppure di fronte alla Morte); Umberto Petranca (un Louis terrorizzato dalla malattia del compagno e in preda ai rimorsi di coscienza); Edoardo Ribatto (per Prior, il compagno di Louis, che tenta di affrontare la malattia con ironia e che, terrorizzato, entra in relazione con presenze ultraterrene); Fabrizio Matteini (per l’eccentrico Belize e per l’esuberante Mr Bugia) e Ida Marinelli (per i suoi uomini che il Potere ha reso macchiette).
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