Il flusso della memoria


Al Teatro Grassi di via Rovello ha esordito l'ultima fatica del Maestro Luca Ronconi: l'adattamento teatrale del romanzo Quel che sapeva Maisie di Henry James, nella traduzione di Ugo Tessitore edita da Marsilio. 
Diciamo subito - a scanso d'equivoci - che si tratta di uno spettacolo da vedere, la cui cifra stilistica è prepotente per semplicità, anche se - in definitiva - porta in sé i caratteri del non finito e qualche sbavatura di troppo. 

Ma procediamo per ordine. 
La protagonista del romanzo è Maisie una bambina che vive il trauma della separazione dei genitori, i quali, sulle prime, fanno di tutto per "accaparrarsela" per fare un dispetto all'ex-coniuge e, poi, con lo stesso vigore, faranno di tutto per "sbarazzarsene", ugualmente per dispiacere l'ex-coniuge. 
Come se tale situazione non fosse già di per sé gravosa per una piccola creatura che cresce, James (che pare si rifaccia a un caso realmente accaduto) la complica facendo scendere nell'agone anche i nuovi coniugi dei genitori di Maisie. 
Tutti usano la bambina come un mezzo per raggiungere uno scopo (quasi mai edificante), infliggendo a Maisie che "rimbalza da l'uno all'altro come un pallina da tennis", ferite indelebili.

Nel ruolo della piccola Maisie c'era una magnifica Mariangela Melato che ha dato vita al personaggio in modo assolutamente credibile e lontano da ogni cliché: non ha alterato la voce o impastato la bocca imitando la parlata infantile, non è ricorsa ad improbabili truccature, né ha bamboleggiato. 
È stata Maisie come la si sarebbe potuta vedere da adulta (nel fisico), protagonista di uno psicodramma. 

Ad aiutare, infatti, Maisie a "rivivere" i traumi infantili c'era un meccanismo scenico semplice ma efficace: un sipario (che divideva in due il palcoscenico) che si apriva su dei veri e propri quadretti familiari nei quali Maisie entrava per subire le angherie psicologiche che gli adulti del momento le infliggevano. 

Come descrivere lo sguardo pieno di smarrimento della Melato-Maisie? 
Come i suoi gesti di bimba abbandonata che tenta di conquistare l'amore di qualcuno o, addirittura, quello del bellissimo sir Claude? 
La Melato, nelle quattro ore abbondanti di spettacolo (durante le quali resta sempre in scena), ha dimostrato, una volta di più, di essere un'attrice grande. 
Anche il suo stare confinata all'angolo del palcoscenico era gesto carico di conseguenze.

Accanto alla Melato c'erano tre altre grandi attrici: Annamaria Guarnieri, nel ruolo dell'istitutrice Wix, ha dato vita ad una povera, ma energica, vecchia signora che, fatalmente, si innamora di sir Claude. 
La sua è stata una recitazione che passava da atteggiamenti imperiosi e dignitosi ad altri di supplica.

Galatea Ranzi era invece la matrigna di Maisie (ed ex istitutrice) che finisce per innamorarsi (ricambiata?) di sir Claude.
Di lei diremo che è stata pressocché perfetta. 

Assolutamente all'altezza, infine, è stata Giorgia Senesi nel ruolo di Ida, la madre di Maisie, che ha espresso le contraddizioni del personaggio in modo assolutamente ironico: alle parole erano sempre associati gesti che le contraddicevano. 

Poi c'era sir Claude ovvero Gabriel Garko
Sarebbe fin troppo facile, visto la discutibile prova che ha dato di sé, fare della facile ironia e dire che "vestiva bene i panni del bellissimo sir Claude" come un perfetto manichino. 
In effetti, se si fosse limitato a percorrere il palcoscenico in assoluto silenzio, sarebbe stato una presenza scenica di assoluto fascino... 
Ad ogni buon conto è giusto lasciargli almeno un'altra possibilità: giovedì era pur sempre il suo esordio assoluto (e da protagonista), sul palcoscenico prestigioso del Piccolo Teatro e accanto a dei mostri sacri delle scene. 

Di Ronconi basterà dire che è Ronconi e che ha dato vita ad uno spettacolo d'attori la cui unica cifra forte era, si ripete, l'uso del sipario-della-memoria. 

Splendidi gli abiti (autentici) indossati dagli attori. 
Essenziali le scene di Margherita Palli
Suggestive le luci di Gerardo Modica e le musiche di Paolo Terni.
 
In «Il Nuovo Giornale di Bergamo», 5 gennaio 2002.

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