Un ricordo indurito
In Quel che resta edito da Playground Rachid O. torna a raccontare la sua infanzia già descritta in modo brillante ne Il bambino incantato.
Un bambino che ama, riamato, suo padre e l'amico di suo padre che chiama zio.
Uno zio un po' speciale e non solo perché è l'amante del padre, ma anche perché non esita a stendersi accanto al “nipote” ogni volta che se ne presenta l'occasione.
Uno zio tormentato dalla depressione tra le cui cause, sicuramente, Rachid mette anche il difficile rapporto d'amore che univa i due adulti.
Una depressione che portò lo zio a gesti estremi.
Dello zio Rachid sente disperata la mancanza.
Una mancanza che si è fatta presenza tormentante, dialogante: Rachid afferma di assomigliare a suo zio non solo caratterialmente, ma anche fisicamente, cosa che la dice lunga sul transfert che lo scrittore descrive nel suo ultimo libro.
Ed è con lo zio che spesso Rachid mutamente dialoga...
Un libro, Quel che resta, ben lontano dai precedenti: autobiografia sofferta, resoconto spigoloso, taccuino ragionato.
Un libro in cui non si respira l'aria spensierata del bambino felice, ma l'angoscia dell'adulto che soffre; dell'adulto in cui i ricordi si sono induriti.
Ricordi che sembrano impedire a Rachid di aprirsi agli altri, al di là di fuggevoli e occasionali incontri con ragazzi stranieri, raccontati con partecipazione e commozione (la parte migliore della narrazione).
Resta intatto l'amore di Rachid per suo padre.
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