Il gioco del teatro
Bisogna partire dai bellissimi costumi di Andrea Viotti per entrare nel gioco teatrale delle Nozze di Figaro di Beaumarchais per la bella, divertente e intelligente regia di Matteo Tarasco.
Costumi eccessivi, variopinti e vaporosi, carnevaleschi e caricaturali.
Costumi che dichiarano di essere ciò che sono: ovvero costumi per delle recite teatrali e non riproduzione di abiti d'epoca.
L'eccesso come rimando sia a un'epoca (il Settecento, secolo teatrale quanti altri mai), sia a una classe sociale ormai prossima al tramonto (l'aristocrazia fine secolo falciata dalla ghigliottina) e sia alla brutalità degli istinti umani (la sessualità insistita e insaziabile del Conte e di Cherubino).
Costumi che non servono solo gli attori impegnati nella recita, ma anche i personaggi che interpretano, costantemente alle prese con una recita: quella delle convenzioni sociali da rispettare, quella delle schermaglie d'amore, quella architettata da Figaro prima e da Susanna e dalla Contessa poi...
E, allora, non è un caso che la scena di Viotti (bellissima anch'essa) si riduca a tre porte dorate, una centrale e le altre due rispettivamente a destra e a sinistra: sono le tre porte del teatro classico.
E anche i pochissimi mobili presenti rimandano al teatro, come il gigantesco letto matrimoniale che fa da palcoscenico o il palco su cui viene fatto salire il giudice.
E, forse, il fogliame sparso sulla scena è un vago richiamo al Giardino dei ciliegi (opera di Čechov nella quale si mettono in scena le tristi vicende di una famiglia aristocratica ormai al tramonto).
Rimanda apertamente al teatro anche l’illuminazione che non esita a richiamare effetti d’avanspettacolo e da circo…
Sì, decisamente questi personaggi giocano al teatro (jeu in francese è sia il gioco, sia la recitazione) e mettono in scena la famiglia: quella già costituita del Conte e quella costituenda di Figaro.
Una famiglia traballante e sempre sull’orlo della crisi…
Ottimo il gioco teatrale che gli interpreti, capitanati da Tullio Solenghi (un Figaro costretto dagli eventi a prendere parte a una recita che sente estranea, tant’è che il suo è l’unico costume non eccessivo, ma, in qualche modo, d’epoca), portano avanti fino ai meritati applausi finali.
Da segnalare la Marcellina navigata (con tanto di veliero in cima di parrucca) di Sandra Cavallini; il Conte dipendente dall’etere, erotomane e aggressivo di Roberto Alinghieri; la Contessa diva del muto di Alessandra Schiavoni, la Susanna peperino di Silvia Salvatori e il Cherubino sensuale di Gianluca Musiu.
Spettacolo da vedere.
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