La casa dei matti
Nella casa dei matti non esiste differenza tra passato, presente e futuro in ragione del fatto che tale distinzione non esiste nella mente dei matti, per i quali il tempo è una compresenza continua.
L’assenza di un divenire cronologico sia nella mente dei matti, sia nelle strutture che li ospitano, ha spinto la psichiatra Maria Luisa Agostinelli a scrivere un libro (bellissimo) nel quale il divenire non esiste: tutto è, per sempre.
Non me lo ricordo (edito da Moretti & Vitali), infatti, avendo come protagonisti i matti che l’autrice segue come terapeuta, “procede” nel racconto sommando dettaglio a dettaglio in un quadro che si allarga vieppiù sotto lo sguardo del lettore. È come se l’autrice compisse semplicemente una carrellata con una serie di zoomate, piuttosto che raccontare una storia sfogliandone le pagine (o aggiungendone di nuove).
Le similitudini con il cinema in Non me lo ricordo non finiscono qui: leggendo il libro si ha come l’impressione di essere di fronte a una sceneggiatura cinematografica: le scene-paragrafi sono brevissime, gli ambienti abbozzati (non è raro che vi sia solo l’indicazione del nome del luogo o se esso sia un interno o un esterno), molte le citazioni da altri film (come usa in certo cinema d’oggi) e i dialoghi sono essenziali. Un effetto che prende subito il lettore: una brevità che lo coinvolge e trascina in una sorta di danza sincopata… matta, si vorrebbe dire.
I matti della Agostinelli sono da leggere tutti d’un fiato, ma, soprattutto, i matti (in genere) vanno guardati (e, in definitiva, è questo il messaggio che l’autrice sembra volerci mandare): basta far finta che non esistano, basta confinarli dietro alte mura di cinta che, oltre che recluderli, li nasconde alla vista.
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