Hip hop mediterraneo


Chi ha avuto la bontà di leggere quanto si va scrivendo qui saprà che non siamo facili agli entusiasmi. 
Di fronte, però, al coreografo Enzo Celli che, nell’ambito del Festival Danza Estate, presenta Suzz e Sircus non si può non usare espressioni come “geniale”. 
Celli, infatti, è un poeta della danza che, attraverso la contaminazione di vari linguaggi, arriva a un personalissimo percorso che sfocia nella creazione di quello che si potrebbe definire “Hip hop mediterraneo”.
Lungi, infatti, dall’essere un epigono o un esponente troppo legato all’hip hop d’oltreoceano, Celli innesta in tale forma di danza movimenti direttamente presi dalla danza contemporanea e dall’atletica, non tralasciando il teatro e le arti circensi.

Affiancato da danzatori di altissimo livello (Federica Angelozzi, Federica Galimberti, Giuseppe Gatti, Moreno Mostarda e Concita la Rosa), il risultato raggiunto negli spettacoli sopra menzionati è degno del circuito internazionale. 
La forza, la preparazione tecnica, l’agilità e il ritmo diventano una cosa sola per tutti i danzatori della compagnia e nel loro coreografo si “sporcano” per assumere una dimensione assolutamente personale, in qualche modo unica, originale. 
È come se Celli “scherzasse” con ciò che conosce bene e, in tal modo, ne desse una immagine diversa, "altra".

Si diceva che il suo può essere definito un “Hip hop mediterraneo” in ragione della contaminazione dei linguaggi espressivi. 
Ovviamente, uno dei linguaggi con i quali un coreografo si esprime è la musica, la musica sulla quale danza. 
Celli e i suoi danzano l’hip hop non solo su musiche di genere, ma anche sui cantautori italiani e su musica classica-rinascimentale, nonché su musiche tradizionali.
Tutta la commistione di generi descritta finora rischiava di sfociare in un ibrido che poco avesse da dire. 
Celli, invece, raggiunge ottimi risultati espressivi-comunicativi. 
Un esempio per tutti è il passo-a-due con tanto di bacinella per lavare i panni nel quale i danzatori raggiungono una sensualità inaspettata (e gradita) per l’hip hop (che, invece, fonda molto del suo linguaggio sulla sfida).
Meritata ovazione finale.

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