Angeli e Demoni
Angeli e Demoni di Dan Brown è stato scritto prima del Codice da Vinci, ma in Italia è stato pubblicato solo nel 2004, in seguito al travolgente successo del secondo romanzo.
Angeli e Demoni ha come protagonista lo stesso professor Robert Langdon che si trova al centro dei fatti narrati nel Codice da Vinci e proprio nel Codice da Vinci ci sono diversi riferimenti a fatti svoltisi in precedenza e narrati per esteso in Angeli e Demoni.
Non che i due romanzi siano in senso stretto l’uno il seguito dell’altro, ma certo essi raccontano due intrighi internazionali, le trame dei quali, lette uno dietro l’altra, danno un’idea molto precisa del pensiero e delle posizioni di Dan Brown in merito a questioni di non poco momento, come, per esempio, la storia della Chiesa Cattolica (per lui sostenitrice di colossali menzogne).
Va detto subito che Angeli e Demoni è un libro scritto bene, perfettamente leggibile e assai accattivante.
A dispetto delle sue oltre 550 pagine, si legge quasi tutto d’un fiato: il lettore, infatti, viene catturato dall’intrigo descritto ed è curioso di sapere come va a finire.
Un merito, quello di tenere incollato il lettore alla pagina, che va riconosciuto a Dan Brown e di cui – si sospetta – l’autore, a volte, abusa in modo un po’ troppo disinvolto.
Ovvero, a volte, Brown dà l’impressione di avvolgere il lettore con una trama complicata per poter far passare, tra una maglia e l’altra di tale trama, concetti filosofici e dati pseudo-storici mischiati a fatti reali e storici.
In altre parole, si vuole affermare che, un lettore meno appassionato e più criticamente distaccato, forse riuscirebbe più facilmente a capire ciò che è palesemente falso da ciò che, invece, è reale.
In Angeli e Demoni, così come in Il Codice da Vinci, invece, al lettore non è lasciato il tempo per una riflessione o per una verifica di ciò che l’autore afferma essere vero e comprovato.
Ovviamente, Dan Brown è autore di romanzi di fiction e non di saggi storici e, dunque, è libero di scrivere tutte le trovate che la sua fantasia gli suggerisce.
Il problema, tutto sommato, è del lettore che – di fronte a una narrazione tanto accattivante e coinvolgente – finisce per annullare del tutto il suo senso critico, con il pericolo di prendere per oro colato ciò che è solo frutto dell’invenzione dell’autore, aiutato (o meglio indotto) a ciò fare da quanto legge ad apertura di romanzo nella Nota dell’Autore:
Tutte le opere d’arte, le tombe, i passaggi sotterranei, gli edifici e i monumenti di Roma cui si fa riferimento nella vicenda sono reali (compresa la loro ubicazione) e tuttora esistenti. Anche la setta degli Illuminati è realtà.
Una dichiarazione che annulla quella editoriale (e graficamente seminascosta) che afferma essere il libro un’opera di fantasia!
Ma si è detto dell’intrigo internazionale al centro del romanzo. Esso coinvolge il CERN (ossia il Consiglio Europeo delle Ricerche sul Nucleare) e la Città del Vaticano proprio durante lo svolgimento del Conclave.
Infatti, il papa regnate (nel romanzo non ne viene detto il nome) è misteriosamente scomparso 15 giorni prima e, nel giorno in cui si svolge l’azione, i cardinali elettori sono chiamati a proclamarne un altro.
I cardinali chiusi nella Cappella Sistina, però, non sanno che da qualche parte all’interno della Città del Vaticano è nascosto un ordigno micidiale, i cui effetti sono tali da radere al suolo l’intero Stato pontificio.
La bomba è un cilindro contenente dell’antimateria, frutto degli esperimenti condotti dal sacerdote-scienziato del CERN Leonardo Vetra non certo a fini bellici, ma per dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio.
La mattina del Conclave Leonardo Vetra è stato la prima vittima della setta degli Illuminati (alla quale si dà la paternità del complotto) e sul suo cadavere è stato trovato, stampato a fuoco, un marchio che è anche una rivendicazione.
È a causa di tale marchio che viene chiamato a investigare sull’omicidio il professor Langdon, esperto di simboli religiosi.
Ad affiancarlo nell’azione che lo porta fino a Roma c’è la figlia adottiva del sacerdote: la scienziata del CERN Vittoria Vetra.
Robert e Vittoria devono combattere contro il tempo: a mezzanotte il cilindro è programmato per esplodere e dunque va trovato in tempo e neutralizzato.
Inoltre, la setta degli Illuminati, per dare maggior richiamo mediatico alla propria vendetta contro la Chiesa Cattolica, ha rapito quattro cardinali (quelli maggiormente papabili), con l’intento di farli ritrovare morti in quattro luoghi simbolo della setta, luoghi che fanno riferimento ai quattro elementi naturali: la Terra, l’Aria, il Fuoco e l’Acqua.
Ma chi sarebbero gli Illuminati?
Per Brown essi sarebbero una setta nata in seguito alle persecuzioni cui gli scienziati andarono incontro quando iniziarono ad affermare teorie contrarie a quelle sostenute dalla Chiesa Cattolica.
A capo della setta ci sarebbe stato Galileo Galilei che, con l’aiuto del poeta inglese John Milton (l’autore del Paradiso perduto), avrebbe anche lasciato scritto un indizio-mappa rivolto a tutti gli scienziati che avessero voluto affiliarsi alla setta per combattere la Chiesa Cattolica; indizio-mappa in grado di condurli sulla strada dell’illuminazione e, quindi, fino al luogo romano dove la setta si riuniva.
È seguendo tale indizio-mappa che Robert e Vittoria intendono fermare l’assassino dei quattro cardinali e farsi da lui rivelare il nascondiglio del cilindro di antimateria.
È bene, però, a questo punto fermarsi, per non rivelare tutto della trama del libro (che è pur sempre un thriller).
Si dirà solo, a mo’ di esempio di alcune “superficialità” dell’autore, che il riferimento alla mappa di Galileo è, o sembrerebbe, da Brown non del tutto padroneggiato: infatti Galileo, quando avrebbe scritto l’indizio-mappa, necessariamente avrebbe dovuto pensare a Roma come a una città facente parte per intero dello Stato pontificio (così come era nel Seicento).
Per Brown, invece, parrebbe che Galileo già sapesse degli attuali confini della Città del Vaticano, decisi – come è noto ai più, ma forse non a Brown – solo nel 1929 in seguito ai Patti Lateranensi.
Lo svarione storico di Brown emerge nel 72° capitolo del romanzo, nel quale si dice che l’indizio-mappa di Galileo non potrebbe indicare Piazza San Pietro perché all’interno dello Stato Vaticano e Galileo avrebbe invece espressamente indicato luoghi appartenenti alla città di Roma.
Per far rientrare Piazza San Pietro nella città di Roma, Brown arriva perfino ad affermare che essa non farebbe parte dello Stato Vaticano ma di quello italiano!
Peccato, però, sia che – come già detto – al tempo di Galileo Galilei tutta Roma faceva parte dello Stato pontificio (e quindi per lui non si poneva il problema); sia che Piazza San Pietro è espressamente citata nei Patti Lateranensi del 1929 come facenti parte dello Stato del Vaticano (in particolare, il suo celebre colonnato fa da confine tra i due stati).
Se Dan Brown non sa neppure che gli attuali confini di Città del Vaticano sono stati segnati nel 1929, riesce difficile credere sia a conoscenza di sconvolgenti verità da sempre, per lui, tenute segrete dalla Chiesa Cattolica...
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