Finale di partita
Nel giugno del 2003 Max Brembilla e Stefano Mecca presentarono al pubblico dell’Auditorium di Bergamo HammClov, loro versione di Finale di partita di Samuel Beckett.
A distanza di due anni, i due attori hanno messo in scena al Teatro Prova di Bergamo Finale di partita di Beckett con un sottotitolo: HammClov.
La distinzione non è di poco conto: se nel 2003 i due interpreti tenevano un sorta di distanza (anche solo di tipo reverenziale) dal testo di Beckett, oggi essi vi aderiscono pienamente, pur adattandolo drammaturgicamente alle loro esigenze: spariscono i personaggi di Negg e di Nell e restano in scena solo Hamm e Clov (che danno vita a una sorta di essere bifronte, l’HammClov del sottotitolo, appunto).
L’adattamento drammaturgico e la traduzione dalla versione inglese del testo è di Stefano Mecca e la regia di entrambi gli attori.
Il risultato è assai buono e presenta in scena una coppia di uomini alla resa dei conti, alla fine della loro partita e della partita dell’intero genere umano; due uomini che alternativamente assumono il ruolo di schiavo e padrone, di carnefice e vittima l’uno dell’altro.
Certo, superficialmente, potrebbe sembrare che nel ruolo del padrone-carnefice ci sia sempre e solo Hamm; ma, in realtà, anche Clov è – seppur in maniera meno plateale – padrone-carnefice di Hamm.
Entrambi hanno bisogno, per esistere, dell’altro, perché entrambi sono un anello della stessa catena, sono una faccia dello stesso essere (HammClov).
L’interpretazione attoriale di Mecca e Brembilla è assai convincente: Mecca è un Clov più pieno rispetto alla versione del 2003, un Clov meno ragazzino e più uomo che sa di essere legato ad Hamm non solo per necessità contingenti, ma per un senso di compassione che si fa affetto.
Brembilla è un Hamm meno “attore in parte” (uno dei volti dell’Hamm di Beckett) e più uomo al tramonto; un Hamm maturo e consapevole in grado di toccare le corde nascoste di Clov (e del pubblico).
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