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Non-recensione ad Angelo della morte di Jan Fabre

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Nel pomeriggio è andato in scena al Teatro Out Off di Milano  il nuovo spettacolo di Jan Fabre : Angel of death (Angelo della morte) ; per la regia di Lorenzo Loris e l’interpretazione di Elena Callegari e Mario Sala . Un critico di quelli scafati, per non ammettere di non aver capito nulla di ciò che ha visto, ora scriverebbe una recensione talmente arzigogolata da risultare incomprensibile. Chi scrive, invece, non essendo minimamente furbo, preferisce ammettere i propri limiti e confessare candidamente di non aver capito niente del testo di Fabre. A chi scrive, infatti, è sembrato tutto senza senso: un testo composto da una serie di frasi slegate l’una dall’altra che non arrivano a dare allo spettacolo un significato unitario vagamente comprensibile. Parole in libertà , verrebbe da scrivere, se non fosse che il riferimento colto al Futurismo potrebbe far credere a un’operazione di neo-avanguardia letteraria, tesa, magari, alla provocazione del pubblico in sala. Se, però, questa era

IA come Intelligenza Antagonista

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Macchine IA e robot è un’antologia di racconti che Franco Forte ha curato per il numero estivo della collana “Urania” edita da Mondadori. Undici testi creativi che guardano allo sviluppo tecnologico odierno, immaginando scenari possibili in un futuro non molto lontano dall’oggi. Undici racconti che, pur nelle differenze narrative e stilistiche, hanno un denominatore comune: una manifesta inquietudine nei confronti dell’IA e dell’uso e abuso che se ne potrà fare. Gli Autori di questa antologia, infatti, non paiono essere tra coloro che si entusiasmano per i progressi fatti in questi ultimissimi anni dalle Intelligenze Artificiali e simili. Anzi, nei loro scritti, i Narratori selezionati da Forte sembra vogliano mettere in guardia i lettori proprio dai facili entusiasmi e dalle decisioni prese a cuor leggero. A tal fine, essi raccontano futuri nei quali l’umanità è costretta - a causa di scelte sbagliate compiute in passato - a confrontarsi con IA per nulla amichevoli: IA antagoniste d

L'indagine del giovane cronista sull'omicidio Pasolini

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Il giallo Pasolini di Massimo Lugli edito da Newton Compton nel 2019 è un romanzo con protagonista un giovane cronista praticante di “Paese Sera” che decide di indagare autonomamente sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini . Marco Corvino - il cronista di nera al centro della storia - colpito dal barbaro assassinio del suo scrittore preferito e certo che i fatti si siano svolti diversamente da quanto accertato dagli inquirenti, intraprende un’indagine non autorizzata dal suo giornale, sicuro di poter svelare la verità sull’omicidio di Ostia. Corvino è, infatti, convinto che Pino Pelosi non possa essere l’unico assassino di Pasolini e, soprattutto, sospetta che il movente del delitto vada ricercato fuori dall’ambiente dei marchettari romani. La sua indagine solitaria inizia proprio dall’ambiente della prostituzione maschile della capitale e, pian piano, si allarga, fino a cozzare contro un gruppo di persone che non gradiscono affatto le sue domande sull’omicidio di Pasolini. Durante la

I Borgia licenziosi di Jodorowsky e Manara

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Diviso in quattro tomi, I Borgia di Alejandro Jodorowsky e Milo Manara sono una lettura piacevole per quanto la trama, in molti punti, si allontani notevolmente dalla realtà storica. Licenze "poetiche", le loro, che si perdonano facilmente, non solo perché con tali “deviazioni” storiche i due autori riescono, paradossalmente, a restare “fedeli” all’essenza del “progetto” borgiano così come tracciato da Alessandro VI e da Cesare; ma anche perché con esse, in qualche modo, la vicenda complessiva della famiglia Borgia si “snellisce”, diventando più compatta e, in qualche modo, più gradevole per il lettore medio, presumibilmente più interessato ai risvolti licenziosi della vicenda che alla verità storica dei fatti. E di risvolti hot nei quattro albi di Jodorowsky e Manara ce ne sono parecchi e coinvolgono non solo gli appartenenti alla famiglia Borgia, ma anche altri personaggi storici che, a vario titolo, entrano in contatto con loro. Ecco, allora, Leonardo Da Vinci cedere

Il totalitarismo della Razionalità

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Noi di Evgenij Ivanovič Zamjatin è, probabilmente, il capostipite delle distopie che ritraggono i totalitarismi. Pubblicato in lingua inglese nel 1924 anticipa sia 1984 di Orwell (che uscì nel 1949), sia Il mondo nuovo di Huxley (scritto nel 1932). Nel romanzo di Zamjatin viene descritta una Società in cui la Razionalità guida la vita umana minuto per minuto: nulla è lasciato al caso, all’irrazionale e/o ai sentimenti, neppure il sesso che - come qualsiasi altra attività umana - è regolato nei minimi dettagli. Una Razionalità che nega l’individualismo ed esalta l’appartenenza alla comunità: i cittadini vengono istruiti a pensare che nessuno è “uno”, ma “uno dei”. L’appartenenza alla comunità delle persone civili, progredite e razionali è propedeutica al raggiungimento della Felicità che, invece, resta irraggiungibile se si apre all’irrazionale e ai sentimenti. Felici perché uguali a tutti gli altri. Felici perché privi di libertà. Felici perché parti di un tutto. Va da sé che in

Edipo siamo noi

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L’Edipo a Colono di Gigi Gherzi da Sofocle non pare uno spettacolo pienamente riuscito in quanto, paradossalmente, non osa portare le premesse alle estreme (e “naturali”) conseguenze. Ovvero, la messinscena di Gherzi si mantiene ancora troppo legata alla forma tipica dello spettacolo teatrale, pur partendo, invece, da premesse tipiche delle conferenze-spettacolo. Se Gherzi avesse riposto nell’armadio la “giacchetta” da regista, per indossare quella da conferenziere, il suo Edipo a Colono - lo si crede fermamente - ne avrebbe guadagnato dal lato del coinvolgimento emotivo del pubblico. Lo si afferma in quanto pare chiaro che Gherzi, come autore del testo, è partito da una operazione di decostruzione del mito - più che da una “semplice” volontà di realizzare una messinscena della tragedia sofoclea -, per costruire una narrazione che restituisse al pubblico l’intera storia legata a Edipo e alla sua famiglia. In tal modo ha voluto accentuare i richiami all'attualità del mito di Edi

Prigionieri della Parola

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Dopo la Tempesta di Francesco Toscani per la bella regia di Andrea Piazza è uno spettacolo che - si crede volutamente - lascia lo spettatore con alcune domande in sospeso. Al termine della Tempesta di Shakespeare, il mago Prospero rende libero lo spirito Ariel. Nel testo di Toscani, una donna anziana che vive a Milano afferma di essere Ariel. Ella incontra - in un parco pubblico decisamente mal tenuto - un ragazzo e tra i due inizia un’amicizia che, nel breve giro di qualche mese, li porta a condividere le loro solitudini. Ariel, infatti, data l’evidente difficoltà economica in cui versa il ragazzo, offre al giovane ospitalità, chiedendogli in cambio di recitare, occasionalmente, passi della Tempesta di Shakespeare (in realtà sempre la stessa scena). Una richiesta che sembra al ragazzo poco impegnativa, ma che, invece, si rivela carica di conseguenze… Pur non svelando tali conseguenze, non sembra inopportuno elencare alcune delle domande che lo spettatore non può non porsi durante