Asfalto di Valerio Mello
Arriva in libreria la terza raccolta poetica di Valerio Mello: Asfalto, prefazione di Alessandro Quasimodo, edita da La Vita Felice.
Asfalto raccoglie poesie nelle quali la città di adozione del Poeta siciliano, Milano, in un certo qual modo si sostituisce al corpo stesso del Poeta. Come se Mello si “sciogliesse” in Milano, ne diventasse parte; si confondesse con l’asfalto cittadino.
L’assenza del corpo del Poeta si percepisce ed è quasi dichiarata in versi assai significativi per quanto si va dicendo: «Pare certo il corpo | ma senza prove». Si ha la sensazione che Mello elimini le tracce della propria corporeità e si mischi con la città che cresce, si modifica e… si fa corpo.
E tra i profili dei grattacieli di Milano, tra gli specchi e le travi di Piazza Gae Aulenti e i cavi del tram che, nel verso, diventano «tendini», emerge, sarebbe meglio dire stilla, gocciola, l’inquietudine del Poeta.
Ecco, allora, presentarsi al lettore versi come quelli che si leggono in Decomposizione:
Io so profondo il desiderio d’essere estraneo
all’usuale e lento accanimento della vita.
Non mi è sufficiente essere ordinario.
E nasce legittimo il sospetto che il tentativo di Mello di confondersi con l’asfalto di Milano sia destinato a fallire o, perlomeno, sia assai faticoso: il Poeta vuole emergere. Farsi parola e arrivare al lettore, al quale si rivolge direttamente, con un Lettera, a chiusura di volume.
Un malessere che non è solo poetico, ma esistenziale, umano, e che, fatte le somme, fa scrivere a Mello: «Sono anni questi vissuti, | percepiti come avanzi»; o, anche, «Sono al mio posto e forse fuori posto».
Inquietudine, comunque, che il Poeta non subisce senza combattere, senza ricercare un senso, una spiegazione. Ricerca affannosa e quotidiana, che toglie il respiro: «Un carteggio tra me e l’ignoto | che ogni giorno consuma ossigeno».
Un libro, Asfalto, che si consiglia di leggere con attenzione e che si allontana, in un certo senso, dai precedenti Versi inferi - poesie 2005-2010 e La nobiltà dell’ombra - Corrispondenze, nei quali era forte la riflessione sul fare poetico, con la ricorrente presenza di poesie sulla poesia.
Qui in Asfalto, invece, in quella che potrebbe essere letta come una preghiera a Salvatore Quasimodo (illustre poeta, siciliano e milanese d'adozione), c’è la consapevolezza di avere scritto «troppo dello scrivere» e, al contempo, la dichiarazione che l’uomo-Mello non è ancora riuscito a «manifestare» pienamente il suo turbamento:
Perdonami a voce bassa,
perché sono testardo,
scrivo troppo dello scrivere,
rivelami a voce bassa
cosa sanno di me le parole
che non possono manifestare.
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