Il Museo del 900 a Milano
Umberto Boccioni, Forme uniche della
continuità nello spazio |
In esso sono esposte opere note e non dei maggiori artisti italiani del secolo scorso.
Si possono, infatti, ammirare lavori di Modigliani, Morandi, Boccioni, Severini, Carrà, Balla, De Chirico, Donghi, Fontana... "introdotte" da alcuni quadri di Picasso, Braque e qualche altro artista straniero.
La collezione del museo è esposta secondo due criteri facilmente riconoscibili: quello principale, "cronologico" (se è consentito usare questo termine in un secolo, come è stato il Novecento, in cui le contaminazioni e i sincretismi erano la regola); e quello per artista, con sale dedicate ad alcuni dei pittori sopra ricordati.
Il tutto esposto in un ambiente architettonicamente suggestivo, dove gli interni del ristrutturato Palazzo dell'Arengario si fondono (grazie alle vetrate) con gli esterni di Piazza Duomo.
Tra le opere di maggiore suggestione per chi scrive, si segnalano:
- Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo da cui il percorso espositivo prende l'avvio. Un quadro di grande formato (in cui le figure sono quasi a grandezza naturale) in grado di emozionare anche il visitatore più distratto;
- il Ritratto di Paul Guillaume di Amedeo Modigliani, con quel particolare senso di inquietudine che gli occhi del soggetto del dipinto trasmettono a chi li guarda;
- la scultura Forme uniche della continuità nello spazio (1913) di Umberto Boccioni, quasi una perfetta concretizzazione plastica del Futurismo;
- Natura morta con squadra (1917) di un Carlo Carrà quasi metafisico, o, forse, meglio dire pre-metafisico;
- Il figliol prodigo (1925-1926) del metafisico Giorgio de Chirico con i suoi celebri e celebrati manichini;
- la scultura in pietra La sete (1934) di Arturo Martini che dà preciso il senso di una sete che si spegne solo abbeverandosi alla fonte;
- i colori squillanti del quadro Margherita (1936) di Antonio Donghi che trasmettono la solarità del soggetto che li ha ispirati;
- la scultura in bronzo colorato Signorina seduta (1934) di Lucio Fontana, così lontana dai celebri tagli nei quadri monocromi che hanno reso famoso il suo autore.
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